Sono circa settanta, dai sette ai quarantacinque anni, i tesserati nell’A.S.D. CASTELSARACENO per la stagione calcistica 2017-2018. Un arcobaleno anagrafico che sui titoli di coda dell’Estate abbellisce di entusiastiche proiezioni il campo da calcio, regalando all’area sportiva momenti di sana competizione. Da quest’anno, il capitale umano è coordinato da un organico societario unico, composto da sei membri che lo scorso Giugno decidono di avventurarsi, con competente passione, in questa proposta che indirizza sulla scia dell’autorevolezza le esperienze calcistiche appena trascorse. Un’unica società, per quattro squadre e altrettante fasce d’età. Dai Primi Calci agli Esordienti, dai Giovanissimi alla Prima Squadra. Un corteo sportivo capeggiato a titolo gratuito dai Mister Giovanni, Tonino, Emanuele e Giancarlo, concordi nel sottolineare il valore sociale e educativo dello sport, una palestra arredata dalla coordinata principale del rispetto per i ruoli, le regole e soprattutto le persone. Un lembo di terra umana che prepara alla vita, severa nella sua fiera dolcezza, attraverso uno strumento educativo potentissimo come il gioco.
Il progetto formale e sinergico è sintetizzabile nello stesso schema di una squadra di calcio: l’unico elemento che fa realmente la differenza in una partita è la capacità di fare gruppo, di essere complici nelle ambizioni così come nelle sconfitte. Non si parla il codice talentuoso e egocentrico dell’io, dei virtuosismi e dei protagonismi, ma quello educativo del noi, che smussa le prepotenze, armonizzando le diversità. Il coinvolgimento di più teste e cuori alla stagione calcistica allestisce premesse promettenti per questo gruppo di ragazzi, innamorati del calcio ma anche degli orizzonti gestuali che tramite lo sport si sprigionano. Questo doppio binario, del particolare e del generale, si può leggere con infinite chiavi di lettura, argomentando da più punti di vista il valore inestimabile dello sport per ogni comunità che voglia vivere sdoganando le fazioni, le barriere e stemperando le incongruenze. Una società così configurata ha bisogno di investimenti anche sulle strutture sportive, predisponendo manutenzioni durante tutto l’anno. E’ l’appello del Presidente Giulio Iacovino all’amministrazione comunale che si approfondisce come invito a sensibilizzare alla forte valenza culturale e aggregativa che designa le pratiche sportive. La strutturazione del destino logistico del bene pubblico andrebbe a completare il Capitolo di Bilancio comunale finalizzato all’erogazione di contributi ad associazioni che incentivano la pratica sportiva. Una somma annualmente quantificata, per la squadra calcistica, tra i mille e i duemila euro liquidati a fine stagione sportiva.
In un campo da calcio, al di qua delle finalità agonistiche, ci si allena a praticare una teoria dell’amicizia che assembla abiti virtuosi inclini all’altruismo e alla lealtà. Una disposizione attiva, pura e non utilitaristica all’altro, che si prende cura del compagno di gioco, costruendo una piattaforma preziosa fatta di concordia orizzontale e partecipazione solidale. Durante una partita di calcio ci si aiuta a rialzarsi, si stringe la mano all’avversario, si ampliano e si abbracciano nuovi termini di paragone, si adotta il confronto come metodo per incoraggiare l’io a prendere coscienza di sé, delle sue potenzialità e del suo talento di mettere in discussione i propri limiti, fisici, mentali e comportamentali. Atteggiamenti che poi si ripetono anche al di fuori del perimetro calcistico, contribuendo a consolidare le personalità individuali e il carattere stesso della comunità tutta. Durante quella stessa partita di calcio, che si gioca in orizzontale senza carismi accentratori, non si avverte più lo stereotipo della donna che non può giocare a calcio perché il pregiudizio l’ha etichettata come ballerina e casalinga a vita. Questa rincorsa al punto in classifica si combatte con una continua educazione sentimentale, che ci apre all’altro, mettendolo nella condizione di favorire la manifestazione della sua autenticità. Forse perché lo sport, il linguaggio del corpo, è un mezzo di comunicazione universale. Una comunanza tra uguali che include e non emargina, che accoglie nello Spogliatoio anche i ragazzi dello SPRAR. Che fa bene al corpo prima che allo spirito. In questa Città del sole non mancano certo le difficoltà, a livello di coesione del gruppo, di condizioni metereologiche, ma nell’allestimento della sua architettura probabilmente ci sono già gli antidoti per ricongiungere i tasselli di questo quadro. In un campo da calcio, l’annualità sportiva insegna anche la cultura della sconfitta e del sacrificio; ci si allena a vivere la negatività, le inefficienze in maniera costruttiva, valorizzando l’umiltà e la costanza come strumenti per metabolizzare le difficoltà e tradurle in percorsi ascendenti. Tale approccio è importante per ridimensionare i modelli culturali che spesso inconsciamente introiettiamo, per approfondire i falsi miti del successo, del luccichio, delle apparenti discese e della solitudine a cui ci induce lo sguardo frontale e virtuale dello schermo televisivo. Per ridimensionare le scorciatoie, le frenesie e premiare il merito o il tempo necessario per acquisirlo. Si oltrepassano gli sgambetti e gli inciampi, rincorrendo una maturazione individuale, oltre che collettiva: in un campo da calcio, si incoraggia il singolo a rendere esplicito ciò che di introverso può racchiudere. La timidezza può trasformarsi in fantasia, audacia e coraggio nel contesto di un programma che rende tutti indispensabili per il raggiungimento dei risultati. Questa corresponsabilità che finalizza l’ozio in un impegno collettivo fornisce punti di riferimento alle generazioni e esempi di autorevolezza, di disciplina che aiutano il singolo a orientarsi nel magma della società, delle sue opportunità e dei suoi bivi.
L’esperimento di questa Società è interessante anche se lo guardiamo da un altro punto di vista: alcuni degli attuali coordinatori del progetto, ad oggi quasi trentenni, iniziano a indossare scarpette da calcio a sei anni e a partecipare a Campionati che hanno consolidato un gruppo di amici, nel corso dei loro anni. Questa scintilla di leadership, di ispirazione alla socializzazione attraverso l’impegno personale è una delle più belle testimonianze che ci arriva da quegli anni ’90. Un motivo che dota di senso i progetti comunitari, avvalorati da questa continuità delle intenzioni. Un’unione che parte da lontano e scende oggi in campo, incrociando gli altri volti che contribuiranno a scrivere questa bella storia, di salute e condivisione.
Sull’imbrunire del giorno, una nonna si allontana dagli spalti, dove ha trascorso il tempo dell’allenamento con il nipote che forse tra qualche anno sarà al fianco del cugino, già in campo ad interpretare gli indirizzi educativi del mister.
Dal ring statunitense di Hurricane ai mondiali antirazzisti della U.I.S.P. Dalla danza sudafricana di Mama Africa al tutù di repertorio di Misty Copeland, la prima etoile nera dell’American Ballet. Dagli handicap fisici del Pallone d’Oro Messi alle iniziative filantropiche di Zanetti. Lo sport, il calcio sono scuole di vita che ci permettono di ipotizzare individualmente voli pindarici risoluti, senza perdere di vista lo sguardo verso gli altri.
Il nostro in bocca al lupo ai ragazzi dell’A.S.D. CASTELSARACENO, affinché possiate insegnare a tutti noi il valore umano che indossate!